Una società in trasformazione
di Riccardo Magnone
Nella società odierna è forte il contrasto fra i paradigmi di una società e di una economia morente, quella industriale, e quelli, peraltro in fase di chiarimento, della nascente società dell’informazione. All’orizzonte, in timida evidenza, i primi contorni di quella che sarà la futura società della conoscenza.
E’ ancora ben presente nelle parti sociali e negli imprenditori l’idea, per alcuni, la certezza per altri, che le organizzazioni debbano “comprare” tempo e presenza fisica dei lavoratori, mentre quello che servirebbe, sia a chi lavora che all’azienda, è l’utilizzo della loro intelligenza, del coraggio di essere autonomi e la capacità di focalizzarsi sui risultati.
Nell’economia dei prossimi anni si dovrà lavorare con la testa, in autonomia e con creatività, e per questo ci potranno essere momenti di fragilità psicologica e di difficoltà. Serviranno interesse e passione. Il problema è quindi quello dello scoprire il proprio talento e cosa “si vuol fare davvero nella vita”. Ma è anche necessario trovare un bilanciamento pragmatico fra “fare il lavoro che piace” e “farsi piacere il lavoro che tocca fare”. Capire cioè che, per non essere choosy, voglia e interesse servono ma non bastano. E’ necessario mettere in atto volontà e determinazione all’apprendimento continuo.
I mestieri di domani saranno guidati e sostenuti dalla digital transformation e pensare di poterne fare a meno o di poter evitare di incontrarla è da ingenui. Per non soccombere è necessario conoscere.
Lavoratori della conoscenza
Sono ancora troppi quelli che immaginano e desiderano la conquista di un “posto fisso” da mantenere poi come garanzia perpetua. Per molti giovani, anche se non per tutti, la responsabilità è anche delle famiglie che hanno svolto un’azione diseducatrice nei confronti dei figli supportando l’interesse verso il “posto fisso” e con esso l’assunzione a tempo indeterminato come unico obiettivo di vita.
Il modello di riferimento che si sta concretizzando e verso cui stiamo andando è quello dei “lavoratori della conoscenza”.
Attività ripetitive che non richiedono “testa”, prevedibili, replicabili anche a livello di processo decisionale, sulla base di regole e algoritmi saranno svolte dalle macchine. Il lavoro avrà sempre più bisogno di competenze soft, con una crescente necessità di saper combinare tra loro conoscenza, motivazione, sensibilità, intuito.
I posti di lavoro più a rischio saranno quelli routinari delle aree amministrative e di vendita, mentre le nuove opportunità saranno legate alla capacità di leggere e interpretare i dati e all’abilità nel fornire un valore aggiunto al lavoro delle macchine che, per quanto intelligenti, non potranno mai possedere la sensibilità dell’uomo.
La diffusione della tecnologia non è però la sola ragione di questa evoluzione.
Ci sarà, e sarà evidente, una crescita dei servizi o, meglio ancora, una maggiore integrazione tra prodotto e servizio. Chi lavora non dovrà solo svolgere un compito confinato in una specializzazione funzionale, ma sempre più dovrà integrare diverse competenze e, in particolare, verrà esposto ad una interazione costante e impegnativa con il cliente.
In sintesi il quadro si presenta come una società industriale in declino anche se ancora legata per molti al posto di lavoro come garanzia per il futuro. Di fatto, una società dell’informazione nascente ancora in fase di chiarimento e di consolidamento.
Una società della conoscenza in cui la gerarchia e i ruoli saranno sostituiti dalla competenza. Leader e follower impareranno a guidare essendo seguiti e a seguire essendo guidati esaltando così il primato della competenza al servizio del risultato del valore generato.